mercoledì 28 aprile 2010

La politica come mestiere al tempo del consigliere-trota in Lombardia

La recente intervista a Vanity Fair ci ha reso edotti del Bossi jr pensiero. Oltre alle frasi che hanno fatto più scalpore (il giudizio sui “culattoni”, il suo tifo sportivo ecc.), la più interessante, a mio avviso, è quella in cui il rampollo afferma di aver scelto di fare politica perché vuole fare lo stesso mestiere del padre,e non ci vede niente di male acché un figlio faccia lo stesso mestiere del padre, perché nessuno si meraviglia se il figlio di un contadino vuol fare il contadino.

Ma scusate, ma se non ricordo male non è a Roma ladrona che si pratica la politica come mestiere?

Il concetto di politica come mestiere è quanto di più lontano ci possa essere dalla concezione della politica come servizio ed attività temporanea, esaurita la quale (diciamo dopo due mandati) si ritorna a fare il mestiere di prima.

Che la politica non debba diventare un mestiere lo dimostra anche la recente dichiarazione dell'avvocato Buongiorno al quale ha dichiarato che a lei Berlusconi no si sogna nemmeno di comprarla e di corromperla, tanto lei, anche se non verrà più ricandidata nel PdL (perché non è disposta a coprire tutte le porcherie di Ghedini e Berlusca sulla gisutizia) lei un mestiere ce l'ha.

Quanti degli ex-finiani passati a Berlusconi sono stati comprati? E quanti abbozzano e sopportano qualsiasi angheria, essendo terrorizzati dalla paura di non essere più ricandidati e, quindi, di restare disoccupati, dal momento che un mestiere redditizio non ce l'avevano prima di di essere nominati onorevoli dal capo?

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