domenica 4 agosto 2013

Ma alla Miteni di Trissino qualcuno produce composti perfluoroalchilici a loro insaputa?

In una recente intervista comparsa sul giornale di Vicenza l'amministratore delegato della Miteni di Trissino afferma che l'azienda ha cessato la produzione dei composti perfluorinati già nel 2011. Eppure, nella loro relazione inviata anche l'autorità giudiziaria, i tecnici del dipartimento provinciale di Vicenza dell'ARPAV affermano "… L'incidenza della contaminazione provocata dal corso d'acqua Fratta-Gorzone a Cologna veneta e prevalentemente dovuta alla rilevante presenza di sostanze perfluoro-alchiliche allo scarico industriale della ditta Miteni spa.… Questo porta a ritenere, in prima approssimazione, poco rilevante l'impatto del settore conciario, in relazione alla presenza di queste sostanze che pure sono utilizzate come impermeabilizzanti in alcune fasi dei processi produttivi."
Pertanto, se è vero che la produzione di PFOA e cessata da circa due anni perché i tecnici dell'AR si sbilanciano in affermazioni così categoriche indicando la Miteni come la principale responsabile della contaminazione delle acque potabili?

Inoltre i tecnici dell'ARPAV hanno calcolato il contributo dell'impianto di depurazione di Trissino, cui è allacciata alla Miteni spa, stabilendo che questo depuratore contribuisce per circa il 97% al rapporto totale di composti scaricati nel Fratta-Gorzone, immettendo ogni giorno una quantità enorme di composti, in media circa 5 kg , in quel fiume, contro quantità variabili fra 6 e 34 grammi al giorno immesse dagli altri depuratori della zona. I tecnici proseguono affermando anche "… Gli impianti di depurazione in questione non sono in grado di abbattere questo tipo di sostanze, in quanto non dotati di tecnologia adeguata e che la diminuzione della concentrazione allo scarico è dovuta esclusivamente all'effetto di diluizione."
 I tecnici dell’ARPAV hanno dimostrato che “… nonostante la ditta abbia installato un impianto di filtrazione in grado di abbattere di circa il 99% di queste sostanze, i valori di composti totale allo scarico produttivo in fognatura sono superiori al 5,4 mg/litro, Ovvero 5.400.000 ng/millilitro.” Se ne deduce che “… Prima dell’installazione dell’impianto di filtrazione lo scarico di tali sostanze era stimabile intorno ai 540 mg/litro.”
 In seguito al campionamento delle acque di scarico effettuate nei giorni 3-4 luglio 2013, è stato identificato il pozzo A della Miteni come il principale responsabile della contaminazione del torrente Poscola, essendo state riscontrate concentrazioni di PFOA in quel pozzo di 16067 ng/litro.
 La relazione dei tecnici dell’ARPAV prosegue con il suggerimento di adottare alcune azioni preliminari volte a ridurre lacontaminazione ambientale da parte dei composti, fra le quali invita a considerare “… L’ipotesi di eliminare nel breve periodo dal ciclo produttivo le sostanze PFOA PFOS residuo in quanto, da letteratura, presentano maggiori impatti… Ma se, stando alle affermazioni del dirigente della Miteni, la ditta non produce più queste sostanze dal 2011, perché i tecnici dell’ARPA provinciale suggeriscono di eliminare al più presto queste sostanze dalla produzione?
 È chiaro che qualcuno non sta dicendo la verità. 

Perché se nei campioni prelevati a Nord del depuratore di Trissino (Valdagno, Brogliano, Trissino stesso ecc.) la concentrazione di PFAA è minima o non rilevabile (mentre si raggiungono concentrazioni enormi a valle), se la MIteni è l’unica azienda che produce PFAA; se la MIteni non produce più queste sostanze dal 2011, come fa il pozzo A della Miteni a rilasciare quasi 5 kg di PFAA al giorno nel torrente Poscola?
Io non sono un tecnico, ma leggendo i documenti ufficiali mi sono sorti molti dubbi e mi pare che rimangano molti punti da chiarire.
Infine, i tecnici dell’ARPA, concludono affermando “… In considerazione della decennale attività dell’insediamento produttivo che ha sempre utilizzato composti perfluoroalchilici, è ipotizzabile l’origine storica della contaminazione attuale. Se questa ipotesi dovesse trovare conferma, in base a studi idrogeologici ed immigrazione degli inquinanti, è presumibile che le azioni correttive proposte potrebbero avere impatti anche ridotte sul contenuto di tali sostanze nelle acque di falda, specialmente per quelle presenti a valle della linea delle risorgive.

Ma chi paga per queste “azioni correttive” probabilmente inefficaci? Perché le istituzioni continuano a dire che non vi sono problemi quando in fondo alla pagina 3 della relazione inviata dal ministero dell’Ambiente i tecnici dell’IRSA-CNR affermano: “..ancora più preoccupazione desta la misura della concentrazione di queste sostanze nelle acque potabili campionate da punti di erogazione pubblici e privati..?”

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