Uno studio
recente del SER (Sistema Epidemiologico Regionale) del Veneto ha osservato
un eccesso statisticamente significativo dei casi di tumore al testicolo nel
comune di Lonigo (VI). Lonigo è il il
solo fra i 21 comuni della cosiddetta zona rossa, cioè la zona più contaminata
da PFAS, ha presentare un rapporto standardizzato di orchiectomia (SOR) quasi
raddoppiato rispetto al riferimento regionale cioè 1,84. Cosa significa?
Significa che considerando gli uomini di età compresa fra 15
e 54 anni, negli anni 1997-2014, i maschi hanno avuto superiore dell’84% di
essere sottoposti a asportazione chirurgica del testicolo (orchiectomia) per
cancro.
Lo dice lo studio ufficiale del Sistema Epidemiologico Regionale ( SER)
del Veneto a pag 12 dello studio che potete scaricare da questo link.
L’autore dello studio, come al solito, elenca i fattori di rischio per questo
tipo di tumore, pagina 13 del documento e si premura di ricordare,
sottolineando in grassetto che “allo stato delle conoscenze, i limiti informativi (ad es.
mancanza del dato di esposizione individuale, mancanza del
controllo dei confondenti) e metodologici (ad es. mancanza della verifica del
nesso temporale) di questo approccio meramente esplorativo non consentono in
alcun modo di attribuire all’esposizione a PFAS l’eccesso di resezioni del
testicolo per tumore rilevato nel Comune di Lonigo. Sono necessarie ulteriori
ricerche”.
Pur concordando con le conclusioni del caro amico dottor
Saugo (ma è risaputo che studi di questo tipo non consentono di trarre “inferenze
eziologiche” cioè di stabilire o negare la causa di una determinata malattia),
non posso non reiterare a nome di ISDE
la richiesta di sospendere immediatamente l’erogazione di acqua potabile
o destinata al consumo umano nei comuni della zona rossa. Richiesta che è stata avanzata più volte da ISDE nazionale, non dal solo sottoscritto, alla Regione e ai sindaci, rimanendo purtroppo inascoaltata.
Questo in applicazione del principio di precauzione, in
quanto non è etico trattare i cittadini esposti alle alte concentrazioni di
PFAS come cavie e continuare a fornirgli
acqua contaminata da interferenti endocrini, in attesa che si arrivi a
identificare correttamente la causa.
Infatti anche se non è un discorso scientificamente
inoppugnabile , credo che a questo punto rimangano pochi dubbi sulla
pericolosità dei PFAS e sulla cancerogenicità del PFOA.
Infatti:
1)
gli studi sulla popolazione contaminata dalla
Dupont avevano aumentato un aumento (da due a tre volte) del rischio di cancro
al testicolo e al rene nelle persone più contaminate . Anche a Lonigo il
rischio di cancro al testicolo è quasi raddoppiato.
2)
A Lonigo è stata riscontrata la massima
concentrazione media di PFOA nel sangue dei soggetti esaminati con il
biomonitoraggio (vedi grafico a pagina 8 del documento già citato). Quindi a
Lonigo è probabile che ci sia il massimo rischio di contrarre un cancro al
testicolo o al rene da parte dei soggetti più esposti, analogamente a quanto
osservato negli USA.
3)
A Lonigo
è stata riscontrata una tra le concentrazioni più alta di PFOA nell’acqua potabile nel 2013.
A questo punto mi chiedo come si possa ragionevolmente
escludere e negare che il PFOA contenuto nell’acqua potabile di Lonigo (e
probabilmente nella catena alimentare dei prodotti locali) non possa essere la
causa dell’incremento del rischio di cancro al testicolo.
E invito ancora una volta, per il loro bene, le popolazioni
dei comuni contaminati a non bere l’acqua del sindaco.
E invito anche le varie istituzioni regionali a
chiarirsi le idee. Poiché lo studio del SER si estende per 17 anni, conferma che
lo studio del registro tumori del Veneto che si ferma a soli 4 anni, e non ha
evidenziato un aumento del rischio di tumori al testicolo, non è
scientificamente affidabile, come già detto qui
Spett.le dr. Cordiano
RispondiEliminacapisco che Le faccia comodo arruolare arbitrariamente tra i suoi amici o tra i suoi nemici coloro che Lei ritiene volta per volta utili ai suoi fini di attivista.
http://enzucciu.blogspot.it/2016/12/lo-stato-del-vermont-fissa-20-ngl-la.html#comment-form
Nella nota che ho mandato non a Lei ma in Regione e che la Regione ha tempestivamente messo in rete ho richiesto formalmente un secondo parere, dal momento che le osservazioni riportate nel documento - pure importanti - non possono secondo il mio giudizio professionale essere ritenute in alcun modo conclusive.
Il tema è: "quali ricerche epidemiologiche bisogna fare?" e so che la Regione Veneto si sia già attivata anche in merito presso l'Istituto Superiore di Sanità. Per parte mia, ho piena fiducia nei tecnici e nelle Istituzioni.
Se Lei vuole invece trarre delle conclusioni, lo fa di propria iniziativa e sotto la propria personale responsabilità.
Mario Saugo