lunedì 30 agosto 2010

Pd: scandalosi gli 800 mila euro alla Scuola Bosina, fondata dalla moglie di Bossi

Il Pd alza la voce e tira fuori le unghie. E lo fa sulla questione della Scuola Bosina riempiendo Varese di manifesti polemici e colorati (nella foto a sinistra). A destare scandalo nel partito di Bersani sotto il Bernascone è la notizia, trapelata qualche giorno fa sui giornali, che l’istituto che ha sede in via Stadio 38 riceverà dal governo ben 800mila euro. Da qui la scelta di denunciare l’arrivo di queste risorse pubbliche a questo istituto privato. Come è stato possibile l’arrivo di questi fondi in un momento in cui il governo Berlusconi taglia risorse alla scuola pubblica? Ce lo spiega Roberto Molinari, segretario cittadino del Pd e consigliere comunale: “In Italia, da alcuni anni, è stata introdotta la cosiddetta ‘legge mancia’. Essa destina alcuni fondi in base a richieste di deputati e senatori per interventi mirati a sostenere determinati progetti, destinazioni che avvengono in commissione e sono a discrezione della stessa commissione”.
 “La scuola Bosina è stata fondata nel 1998 dalla signora Manuela Marrone, maestra di scuola elementare di lunga esperienza, in opposizione alla riforma, allora attuata e tuttora in vigore, che prevede fino a sette insegnanti diversi a partire dal primo anno della scuola primaria invece della maestra unica”.


Sapete chi è la signora Marrone? è la moglie di Bossi, proprio lui, il senatore leghista

domenica 29 agosto 2010

Bossi alla festa della Lega: "Il sud doveva essere solo una colonia"

Il BOssi storico ha detto una cosa sacrosanta. DEvo anche prendere atto che, come avviene nella demenza arteriosclerotica, si perde la memoria dei fatti recenti e si ricordano bene, anche sempre più affievoliti, i fati remoti. Se fosse intellettualmente onesto il nord leghista dovrebbe mirare a riparare un pò di torti storici ed adoperarsi affinché il sud possa riprendere il posto che gli compete e che aveva prima della sua conquista da parte del regno del Nord: nel 1856 il Regno di Napoli era la terza potenza economica, dopo Inghilterra e Francia; a Pietrarsa, l'fficina meccanica più grande d'Italia c'erano 1050 operai, all'Ansaldo di Genova solo 450. Nel 1863 Pietrarsa non c'era più, smantellata a favore dell'Ansaldo e delle altre industrie che stavano nascendo al Nord.
Ma ecco un assunto del Bossi in versione storico revisionista del "risorgimento"
Si è presentato al Museo del Tessile di Busto Arsizio attorno alle 22 di ieri, venerdì, dicendo che l'altro giorno ha schivato “che Casini entrasse nel governo – ha subito dichiarato il leader della Lega Nord Umberto Bossi – quelli (rivolto agli esponenti dell'Udc) appena entrano si mettono subito a mangiare la torta”. In cambio della rinuncia ad andare al voto, ha detto Bossi davanti alla platea della Festa della Lega bustocca, ha ottenuto che Casini “se ne stesse a casa sua e non a casa nostra”. Berlusconi rimane l'alleato fedele della Lega Nord, secondo Bossi, e a questa maggioranza non c'è alternativa “anche perchè la paura di andare al voto ce l'hanno gli altri e non noi – ha continuato il senatur – Bersani e Fini sono bravi a chiacchierare ma poi hanno paura delle urne, sono solo capaci di colpire gli avversari con la magistratura”.

Queste le prime parole del leader del Carroccio sul palco bustocco mentre subito dopo si è lanciato in una “visione alternativa” dell'unità d'Italia che farà discutere ad un anno dal 150esimo compleanno del Paese, parlando del libro “Il regno del Nord”, presentato nei giorni scorsi a Cortina d'Ampezzo, e secondo il quale Cavour era un federalista e la decisione di riunificare l'Italia è stata frutto del bisogno delle imprese del nord di avere una colonia dove vendere i propri prodotti: “ Non pensavano allora che venisse fuori un guazzabuglio di questo tipo – ha detto ancora Bossi nella sua rilettura dell'Unità d'Italia – e furono gli stessi imprenditori del nord a finanziare Garibaldi per prendere il sud”. Germania e Inghilterra mandarono i loro eserciti in India e in Africa per vendere i loro prodotti e il Piemonte decise di prendersi il sud-Italia. Alla fine, secondo Bossi, il nord pagò mille volte di più questa scelta decidendo di non trasformare il sud in una colonia vera e propria. Continua al link

Siracusa: Cimino (MPA) Chiede Di Eliminare Dalla Toponomastica Cittadina Il Generale Cialdini

Siracusa: Cimino (MPA) Chiede Di Eliminare Dalla Toponomastica Cittadina Il Generale Cialdini

Ottima proposta, sperando che sia accettata e che l'esempio venga seguito da tutti i comuni d'Italia che hanno vie o piazze intitolate ad uno dei peggiori criminali di guerra che abbiano mai calpestato il suolo del sud.

sabato 28 agosto 2010

Berlusconi s'è comprata la lega e ricatta Bossi?


Piero Ricca Intervista Rosanna Sapori (Lega)
Caricato da GGG40. - Video di famiglie e amici da tutto il mondo.

Come scrive Alessandro D'Amato su il Giornalettismo, è una storia vecchia, ma la riprendo sia perché a me era sfuggita sia perché la ritengo di estremo interesse. Poiché questa storia non è mai stata smentita nè risulta che vi siano state querele. Come dice la Sapori, il simbolo è costato 70 miliardi di lire. Se fosse vero, si capirebbero molte cose: il repentino cambiamnento dei giudizi di Bossi e dei caporioni leghisti nei confronti di Berlusconi (il mafioso di Arcore lo definiva Bossi prima di vendersi); nei confronti di Fazio che  salvò Bossi ed altri caporioni leghisti e la loro banca  dalla bancarotta e dalla galera; nei confronti di Fini per arrivare all'affermazione di ieri di Bossi che definisce Berlusconi tessera P21816 un perseguitato.

martedì 24 agosto 2010

Marchionne, di origini abruzzesi, emulo di tal Jacopo Bozza? Certo è che continua l'opera di sfruttamento degli operai meridionali iniziata dai piemontesi dopo l'Unità d'Italia

Il testo dell'accordo siglato fra la FIAT e alcuni sindacati, confermato dal parere favorevole espresso dalla maggioranza degli operai di Pomigliano d'Arco con il referendum, prevede indubbiamente un peggioramento delle condizioni di lavoro degli addetti, oltre ad una limitazione del diritto di sciopero.
Il maggior punto d’attrito fra Fiat e FIOM (il sindacato che si è rifiutato di firmare l'accordo) è, probabilmente,sulle limitazioni al diritto di sciopero, che prevede in alcuni casi la punibilità per gli scioperanti. I ritmi di lavoro previsti dalla nuova modalità di produzione sono considerati asfissianti, destruenti e capaci di demolire fisicamente gli operai addetti alla produzione della nuova Panda. In pratica gli operai dovranno lavorare di più, in condizioni peggiori e guadagnare di meno.
Per gli operai meridionali non è una novità purtroppo. Già qualche anno dopo l'unificazione forzata dell'Italia, gli operai napoletani cominciarono a capire,infatti, quali sarebbe stato il prezzo che loro avrebbero dovuto pagare per la conquista del sud da parte dei piemontesi. Marchionne, oggi, pur di togliersi dai piedi, tre operai che, evidentemente, non sono disposti a farseli mettere sulla testa tanto facilmente, offre di pagarli ugualmente purché se ne stiano a casa? Marchionne è solo l'ultimo dei tanti meridionali, per nascita o origini, che si sono venduti ai piemontesi. Forse in cuor suo rimpiangerà di non poter fare come tal Jacopo Bozza, nel 1863.

Si legge nella cronaca del giornale “Il Popolo d’Italia“ del 7 agosto 1863, giornale filogovernativo dell'epoca: "Il fatto dolorosissimo avvenuto nell’officina di Pietrarsa, nelle vicinanze di Portici, ha prodotto su tutti indistintamente la più funesta e penosa impressione. Coll’animo affranto e commossi profondamente ne diamo qui appresso i particolari, che possiamo ritenere esatti. Un tal Jacopo Bozza, uomo di dubbia fama, ex impiegato del Borbone, già proprietario e direttore del giornale “ La Patria”, vendutosi anima e corpo all’attuale governo (Angelucci, Bonanni ne sapete qualcosa?) , aveva avuto in compenso da questo governo moralizzatore la concessione di Pietrarsa. Costui, divenuto direttore di questo ricco opificio, che è il più bello e il più grande d’Italia, avea per lurido spirito d’avarizia accresciuto agli operai un’ora di lavoro al giorno, cioè undici ore da dieci che erano prima; ad altri licenziamento, comunque nel contratto d’appalto c’era l’obbligo di conservare tutti ... Gli operai così detta battimazza, che avevan prima 32 grana di paga al giorno eran stati ridotti a 30 grana; e questi, dopo aver invano reclamato su tale torto, ieri annunziarono al Bozza ahìessi erano decisi piuttosto ad andar via anzichè tollerare la ingiustizia, però domandarongli il certificato di ben servito. Pare che il Bozza non solo abbia negato il certificato, ma abbia risposto con un certo Ordine del giorno ingiurioso à poveri operai. Allora ci fu che uno di questi suonò una campana dell'opificio, verso le 3 p. m., ed a tale segnale tutti gli operai, in numero di seicento e più, lasciarono di lavorare ammutinandosi, e raccoltisi insieme gridarono abbasso Bozza ed altre simili parole di sdegno. Il Bozza, impaurito a tale scoppio si die alla fuga; fuggendo precipitosamente, cadde tre volte di seguito per terra; indi si recò personalmente, o mandò un suo fido, com'altri dice, a chiamare i bersaglieri che erano di guarnigione in Portici, perché accorressero a ristabilire l'ordine in Pietrarsa, non sappiamo in che modo nar­rando l'avvenimento al comandante. E così accorse un maggiore con una compagnia di bersaglieri. Nel frattempo un capitano piemontese, addetto a dirigere i lavori dell'opificio, uomo onesto e amato dagli operai, mantenne questi in quiete, aspettando che arrivasse qual­che autorità di Pubblica Sicurezza o la Guardia Nazionale per esporre le loro ragioni. Ma ecco che invece giunsero i bersaglieri con le baionette in canna: gli operai stessi che erano tutti inermi aprirono il cancello, ed i soldati con impeto inqualificabile si slan­ciarono su di essi sparando i fucili e tirando colpi di baionetta alla cieca, trattandoli da briganti e non da cittadini italiani, qual erano quegli infelici! Il capitano che dirigeva i lavori, e del quale abbiamo accennato più sopra, si fece innanzi con kepi in-mano, e gridando a nome del Re fece cessare l'ira della soldatesca. Tralasciamo i commenti su questo orribile fatto. Fu una scena di sangue, che amareggerà l'anima di ogni italiano, che farà me­ravigliare gli stranieri e gioire i nemici interni. Cinque operai rimasero morti sul terreno, per quanto si asse­risce: altri che gettaronsi a mare, cercando di salvarsi a nuoto, ebbero delle fucilate nell'acqua, e due restarono cadaveri. I feriti sono in tutto circa venti: sette feriti gravemente furono traspor­tati all'Ospedale dè Pellegrini, altri andarono nelle proprie case.”

PS
Per chi non lo sapesse, a Petrarsa avevano sede le officine da cui uscì il primo treno che circolò sulla penisola d'Italia. Prima che arrivasero i piemontesi erano occupati oltre 1000 operai, erano uno dei più grandi opifici d'Europa. Ci andavano da tutta Europa per copiarlo, i Russi lo rifecero identico dalle loro parti. Qualche anno dopo i fatti che qui si narrano, lo stabilimento fu smantellato, per favorire l'Ansaldo di Genova, che all'epoca occupava solo 480 operai

lunedì 23 agosto 2010

La “sorpresina” di Rotondi Il ministro per l'attuazione del programma si lamenta di non essere stato invitato al vertice del PdL sul programma, e minaccia ritorsioni

Berlusconi ora comincia proprio a tremare. Il ministro rotondi si è offeso per non essere stato invitato e minaccia di lasciare il PdL assieme ad altri 10 onorevoli (?) deputati
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Meridionali cialtroni? Non proprio. O quanto meno non più dei settentrionali di Tremonti

di GIANFRANCO VIESTI
È opinione diffusa che le regioni del Mezzogiorno hanno a propria disposizione immense risorse finanziarie, dai fondi europei e nazionali. Che tali risorse giacciono da molti anni inutilizzate. E che questo accade perché le classi dirigenti del Sud sono composte da cialtroni – come ha elegantemente sostenuto il Ministro dell’Economia – che non sono in grado di programmarle e spenderle. Ed è conseguente convinzione che al Sud siano state destinate sin troppe risorse per lo sviluppo, e che sarebbe opportuno ridurle. Questa opinione rimbalza di bocca in bocca, dalle pagine dei grandi quotidiani nazionali alle opinioni espresse dai rappresentanti politici e di governo. Viene assunta dall’opinione pubblica come una verità indiscussa.

E invece – se a qualcuno interessano ancora i fatti e i numeri – è abbastanza semplice scoprire che è falsa.

Guardiamo al passato recente, e concentriamoci sull’avanzamento finanziario. Prossimamente guarderemo anche al presente e al futuro. Non è questo l’aspetto più importante: ciò che conta davvero è la qualità degli interventi e il loro effetto per il benessere dei cittadini e la competitività delle imprese. Ma occorre occuparsi anche dell’avanzamento finanziario, perché è di questo che si discute molto.

Le risorse per lo sviluppo del Mezzogiorno degli anni scorsi provenivano da due grandi origini: i fondi comunitari; i fondi cosiddetti FAS, cioè nazionali. La domanda è: è vero che queste risorse giacciono inutilizzate, o, peggio, vengono perse? La risposta è no. I fondi europei 2000-06 sono stati integralmente impegnati e spesi, nonostante esistano regole comunitarie piuttosto stringenti circa le tempistiche di utilizzo.
A fine 2008 l’Italia aveva perso, per il mancato rispetto di queste regole, solo 100 milioni di euro, cioè lo 0,33% del totale, percentuale significativamente inferiore alla media europea. Certo, l’avanzamento finanziario è stato ottenuto, soprattutto dai Ministeri, rendicontando progetti “coerenti” già realizzati, ma anche questo è un tema – pur fondamentale – che merita un discorso a sé.

E i fondi FAS? Nella polemica politica si torna spesso su questo aspetto, e si sostiene che giacciono abbandonati nei cassetti delle regioni. Non è così. Il più recente monitoraggio, contenuto nel Rapporto Annuale del Dipartimento per lo Sviluppo (DPS), presentato dal Ministro Fitto lo scorso 15 luglio, illustra la seguente situazione. A partire dal 1999 e fino al 31 dicembre 2009 sono stati programmati interventi nel Mezzogiorno per 51 miliardi di euro; i fondi FAS sono serviti per finanziare poco più di un terzo del costo di questi interventi.

A che punto siamo? Il 27% degli interventi è stato completato. Per il 46% i lavori sono in corso. E per l’11% gli interventi sono stati aggiudicati e prossimi all’avvio. Quindi circa l’85% delle risorse sono state destinate ad interventi già completati o in corso. Il rimanente 15% degli interventi è ancora in fase progettuale, ed in particolare per il 5% non è stata ancora approvata la progettazione preliminare. E’ interessante comparare questi dati con quello che è avvenuto nelle regioni del CentroNord. I dati sono appena migliori. Gli interventi completati sono il 32% (contro 27%); quelli in corso 50% (contro 46%); al contrario gli interventi ancora in fase progettuale sono il 12% (contro il 15%).

Sorpresa! Fra amministratori cialtroni e non cialtroni le differenze sono tutto sommato limitate. E’ interessante, ancora, notare che le cose vanno meno bene nel Mezzogiorno per i grandi progetti infrastrutturali di trasporto – quelli di responsabilità dell’ANAS e delle Ferrovie - per i quali circa un quarto delle risorse è fermo nella fase progettuale degli interventi. Molto migliore l’avanzamento dei progetti che riguardano risorse culturali e naturali. Sono numeri soddisfacenti? Assolutamente no. I tempi che intercorrono fra la programmazione degli interventi e il loro completamento sono lunghissimi. Ma questo accade in tutto il paese. Lo stesso rapporto del DPS ci informa (confermando dati già forniti dall’Associazione Nazionale dei costruttori) che i tempi di attuazione delle opere pubbliche in Italia sono eterni.

Per completare un’opera di valore superiore a 100 milioni di euro occorrono in media oltre 10 anni. Persino per le opere piccolissime, sotto il milione di euro, ci vogliono tre anni e mezzo. Colpa dei meridionali cialtroni? Non proprio. “Il quadro che emerge mostra un’Italia a più facce, nella quale non esiste unicamente la dicotomia Nord-Sud; l’analisi mostra che i ritardi nella realizzazione delle opere interessano sia regioni meridionali (Basilicata, Sicilia, Campania), sia regioni dell’Italia centrale (Umbria, Toscana, Liguria) in chiaro ritardo”.

Conclusione: insultare il Mezzogiorno serve per una facile polemica politica; ma non permette di capire quali sono i veri problemi del paese. Un paese ormai quasi incapace di progettare e realizzare infrastrutture. Problemi un po’ più intensi al Sud, ma che ne minano complessivamente le prospettive di sviluppo a tutte le latitudini.

sabato 21 agosto 2010

Berlusconi bacia la mano di Gheddafi che poi se la pulisce. AL prossimo incontro è prevista la genuflessione

Da notare il sottotitolo del video: "il premier Berlusconi, ben noto per le sue numerose gaffe". Se seguite il movimento della mano destra di Gheddafi si vede chiaramente che si pulisce la mano destra sul suoi saio. Evidentemente Berlusconi tessera P2 1816 è così viscido che fa schifo pure al dittatore libico

Colpo di spugna sui debiti con l'Erario del gruppo editoriale di Berlusconi: invece di 350 milioni di euro, ne verseranno 8,6. PD: "Un conflitto d'interessi enorme, questo governo deve andare a casa".

E chiedere le dimissioni di Berlusconi no?

martedì 17 agosto 2010

Berlusconi prima li condona e poi non incassa: oltre 4 miliardi non riscossi dal condono del 2002. Evasori nel mirino della Corte dei Conti

Gli evasori, che hanno aderito al condono varato dal governo Berlusconi-Tremonti nel 2002 "non soddisfatti di aver ottenuto un maxisconto sulle somme da pagare e l'impunità per i reati tributari e penali commessi continuano a beffare il fisco e a prendere in giro i contribuenti onesti non versando le somme dichiarate in sede di sanatoria". E' quanto sostiene "Fisco Equo", la rivista telematica dell'associazione 'Lef' che torna sulla questione che già ad inizio anno aveva mobilitato la Corte dei Conti che valutava in 5,2 miliardi la cifra ancora "mancante" all'appello varando un piano di controlli nel corso di quest'anno. "All'appello - scrive ora Fisco Equo - mancano ancora 4,6 miliardi. A 8 anni dal varo della sanatoria gli evasori continuano a non saldare il conto".

Il resto dell'articolo qui http://notizie.tiscali.it/articoli/economia/10/08/16/fisco-condono-non-riscosso.html#social

sabato 14 agosto 2010

Oggi 14 agosto 2010, 149° anniversario dell'eccidio di Pontelandolfo e Casalduni perpretato dal vicentino Pier Eleonoro Negri

Oggi14 agosto ricorre l'anniversario dell'eccidio di Pontelandolfo e Casalduni, due paesi, oggi in provincia di Benevento, che furono teatro di una delle più feroci e disumane rappresaglie perpetrata dai bersaglieri piemontesi durante la guerra civile di annessione del regno delle due Sicilie al regno di Sardegna. La rappresaglia costituì la vendetta per il massacro di una quarantina di soldati e carabinieri compiuto qualche giorno prima da una banda di “briganti”. Fu un massacro premeditato, scientificamente organizzato dal famigerato piemontese generale Cialdini, da molti meridionali considerato un vero e proprio criminale di guerra, per punire le popolazioni di quei tre paesi che, assieme a molti altri del Matese, si erano sollevati contro i piemontesi. Le nuove disposizioni del giugno 1861 circa la coscrizione di leva avevano agitato ancora di più le acque. I giovani preferirono la macchia al nuovo padrone piemontese e scelsero gli stenti, i sacrifici, la morte invece di servire il nuovo governo. Il popolo rimpiangeva i tempi in cui governavano i Borbone ed era stanco delle razzie piemontesi, della guardia mobile, dei loro notabili. .
Il 7 agosto 1861, una processione durante i festeggiamenti per il Santo Patrono di Pontelandolfo fu trasformata in insurrezione contro gli occupanti piemontesi. Fra i capi della rivolta sembra ci fosse l'Arciprete del paese, Epifanio De Gregorio che, al pari di molti suoi confratelli e di tanti ferventi cattolici meridionali, non faceva mistero durante le sue omelie pubbliche di avere il dente avvelenato contro il nuovo regime sabaudo che si stava dimostrando, nei fatti, tirannico e famelico, assetato di sangue e di denaro. Le leggi vigenti in Piemonte erano state promulgate con validità immediata anche nei territori meridionali e prevedevano, oltre all'imposizione di nuove tasse e balzelli, anche, e soprattutto, una sistematica persecuzione dei cattolici attraverso la confisca dei beni della Chiesa e la loro acquisizione da parte dei locali“liberali” benestanti filopiemontesi; l'espulsione dei vescovi dalle loro diocesi; l'incarceramento di sacerdoti, di monaci e frati non consenzienti; la spoliazione di chiese e conventi i cui arredi venivano poi venduti per le strade dai soldati; la chiusura delle opere pie e degli istituti di assistenza e di beneficenza che svolgevano un ruolo importantissimo nell'assistenza sanitaria e sociale delle classi più derelitte; la chiusura delle scuole cattoliche; l'abolizione degli ordini religiosi. I contadini affamati ed esasperati prendevano inevitabilmente la strada senza ritorno della montagna, spesso in compagnia di sacerdoti, frati, monaci e suore che erano stati sbattuti sul lastrico dai sabaudi scesi al Sud per portare la libertà ed il progresso. I liberali, finalmente, erano riusciti a mettere le mani sulla cosa pubblica e sulle terre demaniali ed avevano tutto l'interesse a sostenere i nuovi arrivati dal Nord; la maggioranza del popolo contadino stava, invece, dalla parte dei Borbone e si era sollevato in tutto il meridione.

Ma torniamo ai fatti di Pontelandolfo. Non del tutto casualmente, subito dopo il termine della processione, giunse in paese una masnada di briganti che si unì ai pochi contadini che si aggiravano fra le bancarelle. Molti dei presenti, alcuni avvinazzati,ballavano al suono di tamburi e nacchere, avendo dato inizio ai festeggiamenti civili, che ancora oggi, si accompagnano spesso, e non solo al Sud, ai riti religiosi in occasione di sagre e feste in onore dei santi Patrono. I briganti sparsero la voce che Francesco II era ritornato a Napoli e ad aveva ripreso il suo posto sul trono, convincendo definitivamente i cittadini di Pontelandolfo ad insorgere e a partecipare alla restaurazione del loro legittimo re, cugino di VIttorio Emanuele re d'Italia da questi spodestato senza che gli fosse mai stata dichiarata ufficilamente guerra. I ribelli, saccheggiarono le locali caserme impossessandosi delle armi e delle munizioni ivi contenute; devastarono e bruciarono le case dei signorotti “liberali” filopiemontesi, alcuni dei quali furono barbaramente uccisi; incendiarono gli uffici comunali e le prigioni dopo averle svuotate. Per sedare la rivolta, furono inviati 45 bersaglieri e 4 carabinieri guidati dal tenente Bracci; 41 di loro, e lo stesso Bracci furono trucidati il giorno 11 agosto, soverchiati dal numero degli insorti.
Il generale Enrico Cialdini ordinò pertanto la rappresaglia, inviando in quelle zone migliaia di bersaglieri coordinati dal generale De Sonnaz, noto anche come “Requiescant” per le numerose e facili fucilazioni da lui ordinate, per il massacro di preti, la distruzione di diverse ad abbazie e chiese. Al maggiore Melegari, comandante di una colonna di bersaglieri, come scrive lui stesso nelle sue memorie, fu fatto sapere che Cialdini “non ordina ma desidera che di quei due paesi non rimanga più pietra su pietra. Ella è autorizzata a ricorrere a qualunque mezzo, e non dimentichi che il generale desidera che siano vendicati quei poveri soldati , infliggendo a quei due paesi la piú severa delle punizioni. Ha ella ben capito?

All'alba del 14 agosto una colonna di circa 500 bersaglieri guidata dal colonnello vicentino Pier Eleonoro Negri giunse a Pontelandolfo e fu attaccata da un gruppo di briganti i quali, dopo aver ucciso 25 uomini al seguito del Negri, si diedero alla fuga. Il colonnello Negri, invece di far inseguire e catturare i briganti che avevano ucciso i suoi uomini ed assicurarli alla giustizia, ligio al dovere, si mise all'opera per soddisfare i desiderata del generale Cialdini. Fatta circondare Pontelandolfo, dopo aver messo in salvo i pochi liberali che erano ancora rimasti in paese, diede ordine di incendiare le case, iniziando da quella dell'arciprete. Le fiamme si propagarono facilmente da casa a casa, essendo le stalle ed i fienili ricolmi del fieno che i contadini avevano stivato per l'inverno. Gli abitanti, svegliati dai soldati piemontesi che penetravano nelle case per depredarle, si riversarono nelle strade ma furono trucidati dai bersaglieri. Molte giovinette furono stuprate sotto gli occhi dei genitori, prima di essere finite. Non pochi bambini subirono la stessa sorte. Sembra che il colonnello Negri in persona si diede molto da fare per finire i feriti o i sopravvissuti alle fucilazioni. Mentre il Negri si adoperava per portare la libertà ed il progresso a Pontelandolfo, lo stesso trattamento subivano gli abitanti di Casalduni ad opera dei bersaglieri guidati dal maggiore Melegari, le cui parole abbiamo appena riportato. Il 15 agosto, il colonnello Negri, soddisfatto dell'opera compiuta telegrafò al suo comando: “Operazione contro i briganti. Ieri all'alba, giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. Essi bruciano ancora”. Il numero delle vittime non fu mai reso noto, ma secondo alcuni arriverebbe a cinquemila innocenti massacrati in nome di Vittorio Emanuele re d'Italia. Pier Eleonoro Negri aveva all'epoca 44 anni, era luogotenente colonnello dal giugno 1861 ed era già stato decorato per la battaglia del Garigliano contro i borbonici e per le prime due guerre d’indipendenza.
La città di Vicenza ha dedicato al suo figlio Pier Eleonoro Negri, una lapide in memoria delle valorose gesta compiute nel meridione d'Italia. Qualche anno fa il sindaco di Pontelandolfo, aveva chiesto al sindaco Variati di rimuovere la targa. In memoria dei morti di Pontelandolfo e Casalduni, il sindaco Variati, se non intende soddisfare la richiesta del suo collega di Pontelandolfo, potrebbe perlomeno affiggere una targa che ricordi l'eccidio del 14.08.1861 o intitolare una via ai morti innocenti di Pontelandolfo e Casalduni, trucidati per eseguire un piano prestabilito e scientificamente organizzato.
Ma il massacro operato da Negri sarà ricordato dagli storici ufficiali come un atto di “giustizia”, compiuto per vendicare una cinquantina di poveri soldati.
Alcune decadi dopo, nel Nord Italia occupata dai nazisti, episodi analoghi sarebbero stati considerati come la legittima ribellione contro l'occupante straniero e i collaborazionisti filonazisti. E gli insorti sarebbero stati chiamati partigiani e non briganti. E le rappresaglie naziste non sarebbero state considerate un atto di giustizia.

mercoledì 11 agosto 2010

Stop ai padroni del DNA: dietro front sulla brevettazione del genoma umano

Da quando i progressi della biologia molecolare hanno fatto intravedere le potenzialità delle applicazioni diagnostiche sul DNA umano si è scatenata la caccia al brevetto. Essendo l'oggetto del contendere il DNA, si è immediatamente aperto il dibattito se fosse etico o meno brevettare un elemento esistente in natura e non oggetto della creatività ed inventiva dell’uomo. Non si può negare, infatti, che il DNA non sia un prodotto dell'invenzione umana. Nonostante questa verità, il 20% circa delle sequenza di DNA è attualmente brevettato. Aspri scontri sono avvenuti fra le istituzioni dei vari paesi, con differenze di vedute soprattutto fra Stati Uniti ed Europa, più incline quest'ultima a considerare non brevettabile il DNA.

Uno dei casi più controversi e illuminanti sul caos che regna in questo ambito è quello del test genetico basato sull’analisi di mutazioni a carico dei geni BRCA1 e BRCA2. Questi due geni,scoperti grazie ad una collaborazione fra ricercatori di vari paesi, in gran parte finanziati con fondi pubblici, sono molto importanti perché controllano,assieme a tanti altri, i processi che stanno alla base dell'ordinata divisione cellulare e, quindi, dei tumori. Anomalie (mutazioni) di questi due geni possono essere trasmesse ereditariamente dai genitori ai figli, e predispongono le donne portatrici ad un maggior rischio di cancro alle ovaie ed alle mammelle, rischio che nel corso della vita è valutabile attorno al 90% e 60% rispettivamente per le due neoplasie. Finora l'unica modalità sicura di prevenzione e di riduzione del rischio nelle donne portatrici è la chirurgia profilattica, cioè l'asportazione chirurgica delle mammelle e/o delle ovaie il più presto possibile dopo la diagnosi. Le conseguenze, anche psicologiche, sulle giovani donne che decidono di sottoporsi ad interventi così devastanti di un tale approccio aggressivo sono facilmente immaginabili.

Nel 2001 la Myriad Genetics ottenne il brevetto negli Stati Uniti per tutte le applicazioni diagnostiche in grado di rilevare mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2, sia nei laboratori di ricerca che nei comuni laboratori di analisi chimico-cliniche. Da allora, cioè, è come se i due geni fossero di proprietà della Myriad, che può o meno concedere il diritto di usare questi due geni dietro pagamento di royalties.

La scoperta dei due geni suscitò molte speranze ed aspettative sia nei portatori delle mutazioni che nella comunità scientifica che sperava attraverso la diagnosi precoce di poter cambiare radicalmente la prognosi e l'aspettativa di vita di centinaia di famiglie.
La ricerca delle mutazioni dei due geni è oggi molto semplice da un punto di vista tecnico e relativamente poco costoso. Nel 1998 il costo negli USA si aggirava sui 1800 dollari e i rapidi progressi della tecnologia lasciavano sperare in un rapido abbattimento dei costi stessi. I ricercatori clinici ipotizzavano di riuscire a sviluppare metodiche diagnostiche sempre più semplici, di rapida esecuzione, meno costose e di approntare farmaci mirati.

Ma dopo la brevettazione le cose cambiarono drasticamente. Gli scienziati furono costretti ad interrompere i loro progetti di ricerca. Il costo del test diagnostico per i pazienti salì nell'arco di una decade fino a 3400 dollari, sebbene i costi materiali per eseguire il test stesso fossero diminuiti di circa un decimo nello stesso periodo. Sulle conseguenze negative del monopolio del DNA scrisse brillantemente Pietro Greco su l'Unità già nel 2002.

Nonostante il periodo di grave crisi economica, la Myriad Genetics continua a presentare brillanti bilanci e ad elargire lauti dividendi ai suoi azionisti: nel 2009 l'azienda dichiarò profitti per 326,5 milioni di dollari, in aumento di circa il 47% rispetto al 2008. Questo brevetto, da un lato, è risultato un chiaro ostacolo alla ricerca di strumenti migliori di conoscenza e cura della malattia; dall'altro è stato anche una fonte di notevole guadagno per l'azienda, che è riuscita a trasformare in un grande affare il dolore dei soggetti portatori delle mutazioni e dei loro familiari.

Per ottenere questi profitti, la Myriad non rinunciò a nulla. Attraverso aggressive e ben congegnate campagne pubblicitarie radiofoniche e televisive furono convinte a sottoporsi al test diagnostico anche donne non a rischio. Molti messaggi pubblicitari erano fuorvianti e non veritieri, dal momento che tralasciavano di evidenziare i limiti e i rischi connessi con una diagnosi precoce di una condizione per la quale non esistono strumenti terapeutici e profilattici non invasivi. Con lo scopo di spingere il maggior numero di persone a sottoporsi al test, tali messaggi enfatizzavano la paura e le speranze anche in donne non a rischio.

Con il passare del tempo furono evidenziati i limiti del test diagnostico, che è in grado di svelare solo alcune delle numerose mutazioni possibili a carico dei due geni. In altre parole, esistono falsi negativi, per cui donne portatrici di mutazioni ancora sconosciute oppure note, ma non evidenziabili con la metodica brevettata dalla Myriad, possono risultare negative e sviluppare poi un cancro, oltre che trasmettere le mutazioni alla prole. La Myriad si oppose ostinatamente, con rifiuti netti e reiterati, alla richiesta, avanzata da parte di alcuni laboratori che erano in grado di ricercare le mutazioni non viste dal metodo Myriad, di offrire ulteriori approfondimenti alle donne risultate negative al t est brevettato ma che erano ancora ad alto rischio. A nulla valsero le obiezioni dei clinici i quali fecero presenti che molte donne sarebbero potuto morire prima che la Myriad aggiornasse la sua metodica. Circa un anno dopo, la Myriad modificò il test, incrementandone il costo di circa 650 dollari, costo che molte compagnie di assicurazioni si rifiutarono di rimborsare ai propri clienti, i quali dovettero sborsare di tasca propria la somma necessaria.

L'azienda cominciò a proporre l'esecuzione del test anche presso gli ambulatori dei medici di famiglia e altri professionisti non specializzati nelle consulenze genetiche. Come risultato di tale aggressiva campagna furono evidenti ben presto le conseguenze negative: donne indotte erroneamente a sottoporsi all'asportazione delle mammelle e/o delle ovaie perché risultate falsamente positive e, al contrario, donne portatrici delle mutazioni risultate falsamente negative, e pertanto considerate a basso rischio, che morirono di cancro a causa di tale errore.

Nonostante le proteste di associazioni di consumatori, di pazienti, delle compagnie assicurative e di importanti società scientifiche, la Myriad negò ostinatamente, nonostante l'evidenza del contrario, che la sua aggressiva campagna pubblicitaria e le pressioni sulla classe mediche, fossero la causa degli effetti collaterali dello screening.

Nel 2004 l’EPO (European Patent Office) l’ufficio europeo brevetti, revocò per motivi tecnici il brevetto rilasciato nel 2001. Nessuna clinica o servizio sanitario nazionale dei paesi UE aveva comunque pagato alcuna royalties alla Myriad Genetics per l’utilizzo del test, a testimonianza della confusione che esiste anche dal punto di vista legale.
Affinché il lettore possa comprendere meglio i termini della faccenda è necessario addentrarci in qualche dettaglio tecnico. Cosa ha fatto la Myriad? Sicuramente non ha inventato un nuovo gene. Infatti i geni mutati sono anch'essi presenti in natura, da sempre, ben prima che sotto il sole comparissero i ricercatori della Myriad. Anche se mutati, imperfetti, e molto pericolosi per le donne che ne sono portatrici, i due geni son anch'essi un prodotto “naturale” che è divenuto imperfetto per cause sconosciute. La Myriad ha soltanto messo a punto una metodica di laboratorio con la quale si confronta la sequenza dei due geni della paziente con quella dei geni mutati. Se il DNA della donna in esame contiene le stesse mutazioni dei due geni “brevettati”dalla Myriad risulterà positiva al test e deciderà poi con il suo medico se sottoporsi all'asportazione degli organi. Al contrario, se i suoi geni sono normali risulterà negativa. Sarà negativa anche se portatrice di altre mutazioni, diverse da quelle dei geni brevettati, mutazioni anch'esse presenti in natura e che insorgono in regioni della sequenza di DNA diverse da quelle interessate dalle mutazioni dei geni brevettati, con tutti i rischi conseguenti alla falsa negatività. In altre parole, i ricercatori non sono intervenuti per modificare delle nuove sequenze di DNA o creare un nuovo gene diverso da quelli esistenti in natura, come avvenuto per altri geni, per esempio il gene dell'insulina o dell'eritropoietina i quali, in seguito all'intervento dell'uomo, hanno subito delle variazioni strutturali più o meno complesse, che ne hanno cambiato le proprietà chimiche e biologiche, per esempio, aumentandone la durata d'azione.

Il pendolo della storia sembra comunque essere girato verso il lieto fine in quanto, lo scorso marzo, il giudice Robert W Sweet ha revocato sette dei brevetti registrati dalla Myriad, accogliendo le tesi della Association for Molecular Pathology, della American Civil Liberties Union (ACLU), la Public Patent Foundation e molte altre associazioni di pazienti e ricercatori secondo le quali il brevetto sul test sarebbe incostituzionale in quanto violerebbe il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America sulla libertà di parola, che garantisce la libera circolazione delle informazioni. La battaglia che si è appena conclusa ha visto l'affermazione di coloro che considerano la natura non brevettabile.
Se al decisione della corte resisterà all'assalto dei ricorsi dei legali della Myriad, sarà molto più difficile in futuro per gli speculatori continuare ad impossessarsi del DNA umano.

lunedì 9 agosto 2010

Immigrati, la Caritas smentisce Maroni «Sbarchi in ripresa, toni strumentali»

Polemica a distanza fra Caritas e ministero dell’Interno dopo gli ultimi sbarchi di clandestini a Lampedusa e nelle isole della Sicilia (l’ultimo nella notte di domenica quando cinquanta migranti hanno toccato terra a Linosa). Secondo Oliviero Forti, responsabile nazionale della Caritas, nonostante i toni trionfalistici del governo e i tanto sbandierati accordi con la Libia del colonnello Gheddafi «c’è un flusso costante e una pressione migratoria che rimane sostanzialmente immutata se non aumentata».

In queste ultime settimane, prosegue il responsabile della Caritas «assistiamo alla ripresa degli sbarchi, anche se non nella stessa quantità del passato. Ci chiediamo allora - spiega Forti - come possano avvenire se teoricamente è in vigore un pattugliamento così serrato come è stato annunciato e che in alcuni casi sembra non funzionare. Gli arrivi di Linosa dimostrano che i pattugliamenti non funzionano poi così bene». Anche perché, è l’analisi della Caritas, limitare la questione immigrazione al solo conteggio dei barconi significa guardare con miopia ad un problema che è molto più complesso come dimostrano le nuove tendenze e le nuove rotte (come quelle che portano al Salento). Continua a leggere l'articolo su l'Unità

Ma Bersani vuole vincere?

COme spesso accade in Italia, i comici, in una battuta rendono comprensibili concetti e problematiche politiche d'attualità attorno ai quali i politici di professione si esprimono tortuosamente. Per esempio, sull'Unità di ieri, Francesca Fornario ricorda a Bersani che "..vincono solo quelli che pensano di poter  vincere ". E lei, come me, dubita che le proposte di Bersani, Letta, Chiamparino, Cacciari e altri VIP siano espressione di una mentalità vincente. Se Berlusconi cade, l'unica cosa è andare alle elezioni con un programma serio, condiviso da chi ci sta, portando alle elezioni candidati  deputati e senatori scelti con le primarie.
Francesca Fornario for president!

giovedì 5 agosto 2010

Spese folli delle ULSS venete per mantenere i preti cattolici

La convenzione con la diocesi di Vicenza per l'espletamento del servizio di assistenza religiosa agli infermi di culto cattolico presso gli ospedali dell'ulss 5 ovestvicentino per il periodo dal 1.1.2010 al 31-10-2011 prevede la corresponsione di 45.241,56 all'anno, somme non soggette né a ritenute fiscali né ad IVA, in quanto trattasi di attività definita per legge  priva " natura commerciale né è organizzata in forma di impresa" (delibera n.528 del 23/11/2009)
  Da notare che la spesa per il sostegno del clero cattolico negli osedali è enormemente lievitata nel corso degli anni:  era di 16423,5 euro all'anno negli anni 2004-2005, con un incremento del 275% nell'arco di 6 anni

Tutto secondo la legge, in quanto il direttore generale della nostra ulss, che non ha soldi per assumere medici ed infermieri, come del resto succede nel resto del paese, deve ottemperare ad ordini superiori derivanti dalla convenzione stipulata dalla regione Veneto. La giunta Galan, con lo scopo di regolarizzare gli assistenti religiosi, sottoscrisse con le Diocesi venete, pochi giorni primi delle ultime elezioni regionali, un protocollo d’intesa che obbliga Usl, Aziende ospedaliere e tutte le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e priva­te accreditate ad assumere i sacerdoti (dio­cesani e religiosi) con lo stesso contratto degli infermieri. L’accordo deliberato in giunta all’unanimità fu firmato dall'ora governatore Giancarlo Galan e dal Patriar­ca di Venezia Angelo Scola recita «La Regione Ve­neto, considerando che l’assistenza religio­sa concorre al miglioramento dei servizi erogati dalle aziende sanitarie e al processo terapeutico dell’ammalato, si impegna a fa­vorirne la presenza nelle strutture sanita­rie ». Gli assisten­ti religiosi godranno di inquadramento, trattamento economico e scatti di anziani­tà previsti dal contratto collettivo naziona­le di lavoro per il comparto sanità, in parti­colare per il personale di categoria D, cioè gli infermieri laureati (stipendio base di 1500 euro netti al mese). I preti saranno as­sunti dalle aziende sanitarie, 96 in tutte le ulss venete per una spesa di almeno 2 milioni di euro all'anno, ma su designa­zione dell’Ordinario diocesano, con contrat­to di durata indeterminata, a tempo pieno o parziale.
In altre parole i preti sono pagati dal­le Usl, che assicureranno loro anche alloggio gratuito e «adeguatamente arredato», men­sa, uffici oltre a chiesette e cappelle (il cui mante­nimento è sempre a carico dell'ulss ospitante).


L'accordo suscitò reazioni contrastanti, com'è ovvio. Al gaudio plaudente della Chiesa, fecero da contraltare le critiche dei sindacati e, più attenuate, di alcuni politici del PD. Reazioni che potete leggere qui
Su iniziativa del consigliere veneto Atalmi del PdCI furono raccolte 2000 firme di cittadini contrati all'accordo, fra cui la mia.
Particolarmente incazzati furono anche i 500 medici precari il cui contratto risultò a rischio di rinnovo e per la cui “regolarizzazione”, al contrario di quella dei preti, non furono trovati i soldi necessari
Anche i direttori generali delle ulss venete, fra i quali il dottor Renzo Alessi, direttore della ULSS 5 in cui lavoro, non furono particolarmente contenti, paventando almeno un raddoppio della spesa in seguito all'assunzione, cosa puntualmente verificatasi. Oltre alle riserve di tipo economico furono da molti avanzati anche riserve di principio, dal momento che in uno stato laico è indecente che vi sia una spiccata preferenza per una confessione religiosa a scapito di credenti di altre professioni o dei non credenti.

In conclusione, avremo preti sempre più ben pagati, ben pasciuti ed alloggiati a nostre spese, mentre medici ed infermieri saranno costretti a spaccarsi sempre di più le ossa anche per lavorare al posto dei colleghi che, andati in pensione, non saranno sostituiti stante il blocco delle assunzioni.

martedì 3 agosto 2010

Bersani come Berlusconi: è senza poteri

RIcordate il ricorso che assieme a Titta Fazio presentai contro il Segretario Bersani per non aver osservato lo Statuto laddove prevede che i candidati alle principali cariche elettive, governatori regionali in primis? Chi lo avesse perso può leggerlo qui. Ebbene in data 28 maggio ho ricevuto la risposta della commissione di garanzia e che vi incollo qui sotto.

Che dire di più? Solo che sono rimasto esterrefatto, non tanto per l'esito del ricorso, tanto per la motivazione che Bersani è senza poteri? Ma se non lui allora chi ha il potere di "costringere" a rispettare lo Statuto?
P.S
Stiamo ancora aspettando che si pronunci la commisisone regionale del PD Veneto sull'analogo ricorso contro il segretario regionale del Veneto Rosanna Filippin

- A Vincenzo Cordiano e Giovanni Fazio
e p.c.
- Alla Unione provinciale PD di Vicenza
- Alla Commissione provinciale di Garanzia di Vicenza
- Alla Unione regionale Pd del Veneto
- Alla Commissione regionale di Garanzia del Veneto
- Ai responsabili nazionali del PD
Loro email

Si comunica che la Commissione nazionale di Garanzia, riunitasi in data 26 maggio 2010, ha preso in esame l'allegato ricorso da voi presentato in data 12 maggio 2010 con cui avete richiesto "le sanzioni politiche del caso" nei confronti del Segretario nazionale Pierluigi Bersani per aver dichiarato che "le primarie sono un'opzione e non un obbligo".
Trattandosi di una questione avente rilievo nazionale, rientrante nella sua competenza ai sensi dell'art. 40 comma 10 dello Statuto nazionale (così come modificato dalla Assemblea nazionale del 21-22 maggio 2010), la Commissione nazionale di Garanzia ha ritenuto, anche sulla base di analoghi precedenti, che l'espressione di una opinione non costituisca di per sè una infrazione statutaria, bensì appartenga alla sfera delle opinioni personali che lo statuto esplicitamente tutela (art. 1 comma 6) e del pluralismo delle opinioni considerato dal Codice etico come una ricchezza per il PD (art. 2 comma 2).
Che si tratti di opinioni e non di infrazioni statutarie è confermato dal fatto che non rientra nei poteri del Segretario nazionale decidere le procedure per la scelta dei candidati PD alle elezioni
di qualsiasi livello.
Quanto sopra premesso, la Commissione ha respinto il ricorso in oggetto.
Cordiali saluti
Il segretario della Commissione nazionale di Garanzia
Giampietro Sestini

lunedì 2 agosto 2010

PARTITO DEL SUD - Blog: Il settentrione ladrone che ruba pure i frantoi

PARTITO DEL SUD - Blog: Il settentrione ladrone che ruba pure i frantoi: "In «Terroni» di Pino Aprile l'affresco dei mali patiti dal Mezzogiorno storicamente arretrato perché derubato dai conquistatori del Nord Re..."

Il PD ha già una legge elettorale rivoluzionaria bell'è pronta: le primarie

Il Segretario Bersani ed altri VIP del partito affermano che andare alle elezioni con questa legge elettorale sarebbe una jattura e propongono un governo di transizione, anche con la Lega, per cambiare la legge elettorale e per attuare pochi altri punti.
Per quanto riguarda la legge elettorale io ho due obiezini da avanzare: 1) dico che noi possediamo il metodo più democratico per sceglier i candidati alle cairche elettive: le primarie. Cominciamo a prepararle già da oggi, così non si potrà dire, quando sarà l'ora, che non c'è tempo. Volendo si possono organizzare in una settimana, e bene. Così avreno risolto, in quattro e quattr'otto il problema di garantire agli elettori il diritto di scegliersi i candidati; 2) perché la lega di calderoli (autore della legge da lui stesso definita porcata) ed il fu PDL di Berlusconi tessera P2 1816, due partiti di proprietà personale, dovrebbero essere contenti di partecipare ad un gonverno ponte che avrebbe il compito di abolire il diritto dei due padroni di nominare gente di propria fiducia al Parlamento? S'è mai visto un cappone votare per anticipare il Natale?