lunedì 23 agosto 2010

Meridionali cialtroni? Non proprio. O quanto meno non più dei settentrionali di Tremonti

di GIANFRANCO VIESTI
È opinione diffusa che le regioni del Mezzogiorno hanno a propria disposizione immense risorse finanziarie, dai fondi europei e nazionali. Che tali risorse giacciono da molti anni inutilizzate. E che questo accade perché le classi dirigenti del Sud sono composte da cialtroni – come ha elegantemente sostenuto il Ministro dell’Economia – che non sono in grado di programmarle e spenderle. Ed è conseguente convinzione che al Sud siano state destinate sin troppe risorse per lo sviluppo, e che sarebbe opportuno ridurle. Questa opinione rimbalza di bocca in bocca, dalle pagine dei grandi quotidiani nazionali alle opinioni espresse dai rappresentanti politici e di governo. Viene assunta dall’opinione pubblica come una verità indiscussa.

E invece – se a qualcuno interessano ancora i fatti e i numeri – è abbastanza semplice scoprire che è falsa.

Guardiamo al passato recente, e concentriamoci sull’avanzamento finanziario. Prossimamente guarderemo anche al presente e al futuro. Non è questo l’aspetto più importante: ciò che conta davvero è la qualità degli interventi e il loro effetto per il benessere dei cittadini e la competitività delle imprese. Ma occorre occuparsi anche dell’avanzamento finanziario, perché è di questo che si discute molto.

Le risorse per lo sviluppo del Mezzogiorno degli anni scorsi provenivano da due grandi origini: i fondi comunitari; i fondi cosiddetti FAS, cioè nazionali. La domanda è: è vero che queste risorse giacciono inutilizzate, o, peggio, vengono perse? La risposta è no. I fondi europei 2000-06 sono stati integralmente impegnati e spesi, nonostante esistano regole comunitarie piuttosto stringenti circa le tempistiche di utilizzo.
A fine 2008 l’Italia aveva perso, per il mancato rispetto di queste regole, solo 100 milioni di euro, cioè lo 0,33% del totale, percentuale significativamente inferiore alla media europea. Certo, l’avanzamento finanziario è stato ottenuto, soprattutto dai Ministeri, rendicontando progetti “coerenti” già realizzati, ma anche questo è un tema – pur fondamentale – che merita un discorso a sé.

E i fondi FAS? Nella polemica politica si torna spesso su questo aspetto, e si sostiene che giacciono abbandonati nei cassetti delle regioni. Non è così. Il più recente monitoraggio, contenuto nel Rapporto Annuale del Dipartimento per lo Sviluppo (DPS), presentato dal Ministro Fitto lo scorso 15 luglio, illustra la seguente situazione. A partire dal 1999 e fino al 31 dicembre 2009 sono stati programmati interventi nel Mezzogiorno per 51 miliardi di euro; i fondi FAS sono serviti per finanziare poco più di un terzo del costo di questi interventi.

A che punto siamo? Il 27% degli interventi è stato completato. Per il 46% i lavori sono in corso. E per l’11% gli interventi sono stati aggiudicati e prossimi all’avvio. Quindi circa l’85% delle risorse sono state destinate ad interventi già completati o in corso. Il rimanente 15% degli interventi è ancora in fase progettuale, ed in particolare per il 5% non è stata ancora approvata la progettazione preliminare. E’ interessante comparare questi dati con quello che è avvenuto nelle regioni del CentroNord. I dati sono appena migliori. Gli interventi completati sono il 32% (contro 27%); quelli in corso 50% (contro 46%); al contrario gli interventi ancora in fase progettuale sono il 12% (contro il 15%).

Sorpresa! Fra amministratori cialtroni e non cialtroni le differenze sono tutto sommato limitate. E’ interessante, ancora, notare che le cose vanno meno bene nel Mezzogiorno per i grandi progetti infrastrutturali di trasporto – quelli di responsabilità dell’ANAS e delle Ferrovie - per i quali circa un quarto delle risorse è fermo nella fase progettuale degli interventi. Molto migliore l’avanzamento dei progetti che riguardano risorse culturali e naturali. Sono numeri soddisfacenti? Assolutamente no. I tempi che intercorrono fra la programmazione degli interventi e il loro completamento sono lunghissimi. Ma questo accade in tutto il paese. Lo stesso rapporto del DPS ci informa (confermando dati già forniti dall’Associazione Nazionale dei costruttori) che i tempi di attuazione delle opere pubbliche in Italia sono eterni.

Per completare un’opera di valore superiore a 100 milioni di euro occorrono in media oltre 10 anni. Persino per le opere piccolissime, sotto il milione di euro, ci vogliono tre anni e mezzo. Colpa dei meridionali cialtroni? Non proprio. “Il quadro che emerge mostra un’Italia a più facce, nella quale non esiste unicamente la dicotomia Nord-Sud; l’analisi mostra che i ritardi nella realizzazione delle opere interessano sia regioni meridionali (Basilicata, Sicilia, Campania), sia regioni dell’Italia centrale (Umbria, Toscana, Liguria) in chiaro ritardo”.

Conclusione: insultare il Mezzogiorno serve per una facile polemica politica; ma non permette di capire quali sono i veri problemi del paese. Un paese ormai quasi incapace di progettare e realizzare infrastrutture. Problemi un po’ più intensi al Sud, ma che ne minano complessivamente le prospettive di sviluppo a tutte le latitudini.

1 commento:

  1. Il ministro Tremonti è il peggior nemico del Sud affacciatosi alla ribalta negli ultimi decenni. In compagnia di quel povero demente di Bossi, assieme al quale sta rapinando le tasche dei meridionali riducendoli sempre di più in miseria.
    Qunato tempo ci vuole perché gli italiani del Sud lo capiscano?

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