Per diventare specialisti, una volta conseguita la laurea in medicina, è necessario sostenere un esame di selezione per accedere al corso di specializzazione. Questo rappresenta un blocco, un muro impossibile da superare per la maggior parte dei medici che vogliono accedere alla scuola di specializzazione preferita, essendo i posti a disposizione ogni anno molti di meno rispetto alla richiesta, soprattutto in determinate specialità.
Le università non riescono ad assicurare un'adeguata preparazione pratica ed il conseguimento dell'esperienza necessaria per esercitare adeguatamente la professione, una volta terminato il corso di specializzazione. Questo è particolarmente vero per alcune specialità come quelle chirurgiche, tanto che molti specializzandi vengono inviati in reparti ospedalieri per acquisire la pratica necessaria. Questo si configura anche come una forma di sfruttamento degli specializzandi che svolgono a tutti gli effetti il lavoro che dovrebbe essere compiuto da personale strutturato il quale non viene assunto, per esempio per sostituire i colleghi andati in pensione, con conseguente risparmio di spesa per la struttura ospedaliera ed aggravio di lavoro per gli operatori superstiti. Quindi, la dicotomia fra università ed ospedali è superata nei fatti.
Attualmente, l' unica modalità per consentire la frequenza degli specializzandi nelle strutture ospedaliere, è la stipula di convenzioni fra ospedale e d'università. In base a queste convenzioni, gli specializzandi, a partire dagli ultimi anni del loro corso di studio possono completare la loro pratica quotidiana negli ospedali invece che nelle università. Le convenzioni sono in genere molto onerose per la struttura che la propongono, potendo arrivare anche ad € 800.000, una cifra esorbitante visti i chiari di luna attuale.
Nel reparto in cui lavoro, una carenza di personale medico dal momento che un medico che è andato in pensione non è mai stato sostituito, ed un altro prestato temporaneamente ad altra struttura non è mai ritornato nel nostro reparto né è stato rimpiazzato. Dal 1 settembre 2009, data di pensionamento di un collega, io personalmente mi ritrovo in pratica a fare il lavoro di 2 medici, dovendo tra l'altro fronteggiare un aumento di circa il 40% degli accessi e delle prestazioni erogate dal struttura di cui sono responsabile a partire dal primo gennaio di quest’anno.
Un modo,veloce ed economico per l'azienda sanitaria in cui lavoro per sostituire, almeno parzialmente i due medici mancanti, potrebbe essere quella di pagare la borsa per 2 specializzandi, a patto che questi si impegnino a svolgere nel nostro ospedale un congruo numero di ore tra quelle previste dal corso di studi. I soldi ci sarebbero , messi a disposizione da associazioni locali, ma sarebbe necessario stipulare la convenzione con un' università. Tuttavia, stante il costo della convenzione, questa ipotesi in pratica non è percorribile. Non mi è chiaro, poi, perché siano necessari tutti sti soldi per permettere a due specializzandi di frequentare aule e reparti universitari che già esistono e seguire le lezioni di docenti che sono già pagati.
Pertanto, abolire l'obbligo della convenzione per permettere agli specializzandi negli ospedali ricevendo una retribuzione, per quanto minima, potrebbe essere un ottimo banco di prova per la volontà liberalizzatrice del governo Monti.
Fatto sta che, se mi costringono a continuare a lavorare a queste condizioni, con stipendi bloccati fino al 2018, possibilità di carriera zero, lavoro sempre più stressante ed in aumento, con circa un terzo delle ore di lavoro notturne e festive, il 31.12.2012 mi dimetto e me ne vado a lavorare all’estero. L’anno scorso mi era stata fatta una proposta dall’Inghilterra: 130.000 sterline per fare il consultant (quasi il doppio del mio stipendio attuale) – ho due specializzazioni - per 38,5 ore settimanali senza guardie notturne e festive (volendo potrei farle ed in questo caso lo stipendio aumenta vertiginosamente); 38,5 ore settimanali , come quelle che dovrei fare in Italia ma alla fine di ogni anno sono circa un centinaio le ore fatte in più che non vengono retribuiti, visto il mio status di “dirgente medico”. Ed io sono tra quelli che cerca di farne di meno, innanzitutto perché ritengo che non sia etico continuare a fornire alibi all’amministrazione ed assicurare servizi agratis alla popolazione , svolgendo sostanzialemnte attività di volontariato sul posto di lavoro a danno di tanti medici precari ai quali è precluso l’accesso all’esercizio della professione dopo anni distudi e d’impegno.