Uno degli aspetti più controversi della vicenda PFAS in
Veneto è se le istituzioni regionali, locali e nazionali sapessero prima del
2013 che la Miteni è l’unica produttrice di PFAS nel Nord Est d’Italia. Diversi
funzionari della regione e dell’ULS5 Ovestvicentino, nel cui territorio ricade
l’azienda produttrice, e molte altre che i PFAS li utilizzano, hanno
ripetutamente affermato che prima dell’estate del 2013 nessuno in Veneto
fosse a conoscenza della presenza dei
PFAS nell’ambiente della regione.
Questa affermazione è inverosimile e parrebbe smentita da un
documento che ho scovato negli archivi dell’EPA, grosso modo l’equivalente del
ministero per l’ambiente italiano) e che
può essere scaricato da qui
.
Si tratta di un’email spedita il 16 maggio del 2000 dal
dottor Charles Auer, allora direttore di un dipartimento dell’EPA, a un gruppo
di studiosi e ricercatori di varie nazionalità , fa i quali almeno due in
carica all’Istituto Superiore di Sanità (binettiiss.it e addekeiss.it). Con
questa email, il dottor Auer informava della “lodevole” decisione della 3M,
l’unica produttrice del PFOS negli USA, di sospendere “volontariamente” la
produzione di PFOS e PFOA entro la fine di quell’anno (decisione in realtà
slittata poi al 2002 per gentile concessione dell’EPA). Il dottor Auer, nella
missiva, affermava chiaramente che in altri paesi, Italia compresa, vi erano
produttori di PFAS.
Io non conosco i nomi e il ruolo svolto nel 2000 dai
destinatari dell’email dell’ISS né le azioni eventualmente intraprese per
indurre le uniche due aziende italiane produttrici di PFAS (Solvay a Spinetta
Marengo, Alessandria e Miteni a Trissino, Vicenza) a sospendere anche loro
“volontariamente” la prodizione di sostanze che il dottor Auer definisce come
“altamente persistenti nell’ambiente” con una “forte tendenza ad accumularsi
nel sangue e nei tessuti animali che, in base a recenti informazioni potrebbero
nel lungo termine esporre ad un rischio per la salute umana.
Quello che sappiamo è che la Miteni continuò a produrre PFOS
e PFOA almeno fino al 2011. Sappiamo anche, dalle dichiarazioni rilasciate
dall’amministratore delegato dell'azienda trissinese dottor Nardone e dalle informazioni
contenute nel sito
della Miteni che a già nel 2001 l’azienda
presentò “…al ministro dell’Ambiente i dati e le informazioni sulla produzione
di Pfas”.. e ha fornito “.. negli anni successivi il suo contributo all’Istituto superiore
di sanità in occasione di congressi internazionali e nel 2008 hanno condiviso
la valutazione del rischio”.
Pertanto sembrerebbe che, in qualche modo, le istituzioni
italiane si mossero dopo l’annuncio
della 3M, anche se le Miteni continuò a produrre PFOS e PFOA per un decennio,
quando anche lei decise “volontariamente “ di sospenderne la produzione.
Sarebbe interessante sapere se il mancato intervento dei
Ministeri per oltre 10 anni sia stato influenzato dalla “collaborazione
costruttiva” della Miteni e se l’azienda di Trissino abbia sponsorizzato
convegni, eventi o iniziative alle quali hanno partecipato ricercatori o altri
funzionari dell’ISS o di altre istituzioni o ministeri italiani. In altre parole in cosa si è concretizzato il "contributo all'ISS"?Inoltre la
Miteni, ha mai informato i dirigenti della ULSS e della regione Veneto della possibile pericolosità dei suoi
prodotti? Ha mai cercato di “condividere il rischio” con la popolazione esposta
e con le istituzioni sanitarie? Oggi la Miteni apre le sue porte al pubblico e
cerca di darsi una patina di verde per migliorare la sua immagine compromessa,
ma cosa ha fatto negli anni passati per mitigare e attenuare la contaminazione
ambientale e proteggere la salute dei suoi lavoratori e dei cittadini veneti?
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