sabato 23 luglio 2016

All’Istituto Superiore di Sanità sapevano dei PFAS in Italia almeno dal 2000. Cosa hanno fatto nei 10 anni successivi?


Uno degli aspetti più controversi della vicenda PFAS in Veneto è se le istituzioni regionali, locali e nazionali sapessero prima del 2013 che la Miteni è l’unica produttrice di PFAS nel Nord Est d’Italia. Diversi funzionari della regione e dell’ULS5 Ovestvicentino, nel cui territorio ricade l’azienda produttrice, e molte altre che i PFAS li utilizzano, hanno ripetutamente affermato che prima dell’estate del 2013 nessuno in Veneto fosse  a conoscenza della presenza dei PFAS nell’ambiente della regione.
Questa affermazione è inverosimile e parrebbe smentita da un documento che ho scovato negli archivi dell’EPA, grosso modo l’equivalente del ministero per l’ambiente italiano)  e che può essere scaricato da qui .

Si tratta di un’email spedita il 16 maggio del 2000 dal dottor Charles Auer, allora direttore di un dipartimento dell’EPA, a un gruppo di studiosi e ricercatori di varie nazionalità , fa i quali almeno due in carica all’Istituto Superiore di Sanità (binettiiss.it e addekeiss.it). Con questa email, il dottor Auer informava della “lodevole” decisione della 3M, l’unica produttrice del PFOS negli USA, di sospendere “volontariamente” la produzione di PFOS e PFOA entro la fine di quell’anno (decisione in realtà slittata poi al 2002 per gentile concessione dell’EPA). Il dottor Auer, nella missiva, affermava chiaramente che in altri paesi, Italia compresa, vi erano produttori di PFAS.
Io non conosco i nomi e il ruolo svolto nel 2000 dai destinatari dell’email dell’ISS né le azioni eventualmente intraprese per indurre le uniche due aziende italiane produttrici di PFAS (Solvay a Spinetta Marengo, Alessandria e Miteni a Trissino, Vicenza) a sospendere anche loro “volontariamente” la prodizione di sostanze che il dottor Auer definisce come “altamente persistenti nell’ambiente” con una “forte tendenza ad accumularsi nel sangue e nei tessuti animali che, in base a recenti informazioni potrebbero nel lungo termine    esporre ad un rischio per la salute umana.
Quello che sappiamo è che la Miteni continuò a produrre PFOS e PFOA almeno fino al 2011. Sappiamo anche, dalle dichiarazioni rilasciate dall’amministratore delegato dell'azienda trissinese dottor Nardone e dalle informazioni contenute nel sito della Miteni  che a già nel 2001 l’azienda presentò “…al ministro dell’Ambiente i dati e le informazioni sulla produzione di Pfas”..  e ha fornito  “.. negli anni successivi il suo contributo all’Istituto superiore di sanità in occasione di congressi internazionali e nel 2008 hanno condiviso la valutazione del rischio”.
Pertanto sembrerebbe che, in qualche modo, le istituzioni italiane  si mossero dopo l’annuncio della 3M, anche se le Miteni continuò a produrre PFOS e PFOA per un decennio, quando anche lei decise “volontariamente “ di sospenderne la produzione.
Sarebbe interessante sapere se il mancato intervento dei Ministeri per oltre 10 anni sia stato influenzato dalla “collaborazione costruttiva” della Miteni e se l’azienda di Trissino abbia sponsorizzato convegni, eventi o iniziative alle quali hanno partecipato ricercatori o altri funzionari dell’ISS o di altre istituzioni o ministeri italiani. In altre parole in cosa si è concretizzato il "contributo all'ISS"?Inoltre la Miteni, ha mai informato i dirigenti della ULSS e della regione Veneto  della possibile pericolosità dei suoi prodotti? Ha mai cercato di “condividere il rischio” con la popolazione esposta e con le istituzioni sanitarie? Oggi la Miteni apre le sue porte al pubblico e cerca di darsi una patina di verde per migliorare la sua immagine compromessa, ma cosa ha fatto negli anni passati per mitigare e attenuare la contaminazione ambientale e proteggere la salute dei suoi lavoratori e dei cittadini veneti?

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