venerdì 16 aprile 2010

EQUAL PAY DAY, equità salariale, giornata mondiale


 

EQUITÀ SALARIALE:          EQUAL PAY DAY 15 APRILE GIORNATA MONDIALE!

METTIAMO QUALCOSA DI ROSSO IL COLORE DEL NOSTRO PORTAFOGLI

 

Una donna deve lavorare mediamente fino al 15 aprile dell'anno successivo per ottenere lo stesso stipendio annuo di un suo collega maschio. Da questa constatazione nasce l'equal pay day, giornata dell'eguale retribuzione che si celebra domani in tutto il mondo. Ecco perché domani, giovedi 15 aprile le donne usciranno in strada con qualcosa di rosso: un vestito, una sciarpa, un cappello, una borsa o un borsellino rosso, lo stesso colore del loro portafoglio. Per chiedere che le loro retribuzioni siano eguali a quelli degli uomini, come prevede in Italia anche la nostra Costituzione, e vengano rimossi gli ostacoli che fanno la differenza, da quelli che riguardano le carriere a quelli riconducibili alla cura cui le donne si dedicano, per tradizione, nello loro famiglie. Un lavoro che eguaglia quello per il mercato ma non è retribuito, pur costituendo una ricchezza per tutti. Per pensare alle famiglie le donne fanno, ad esempio, meno straordinari e sono poco disponibili alla mobilità, fattori che determinano, con altri, il gap salariale.

Nel nostro paese si evidenziano consistenti differenze nelle informazioni relative al fenomeno, che a seconda della fonte ammonterebbe al 9% fino a raggiungere il 27%. Secondo Eurostat l'Italia avrebbe un gap retributivo pari a 18%, di poco inferiore a quello registrato dai primi 10 paesi dell'Unione, decisamente più basso di quello dell'Europa a 15 e a 25, rispettivamente pari a 23 e 24,5%

  • I dati sono differenti in relazione non solo alla fonte ma anche ad altre variabili:
  • al Nord si registra il differenziale territoriale più elevato, superiore al 30% (fonte ISTAT)
  • tra le laureate il gap supera il 36% (fonte ESES)
  • tra le dirigenti con figli tende al 50% e tra le impiegate raggiunge il 40% (dati Bankitalia)
  • "istruzione, sanità e assistenza sociale" è il settore più femminilizzato (70%) e con elevato differenziale (20,7%), secondo solo a "immobili, informatica e ricerca" (25,9%) (fonte ISFOL)
  • "alberghi e ristoranti" hanno il 57,9% di occupazione dipendente femminile e registrano divari retributivi maschi/femmine pari al 7,8% (fonte ISFOL)
  • tra le figure dirigenziali si rileva il 36% di buste paga femminili superiori a quelle maschili e per i "gestori e responsabili di piccole imprese" si calcola un differenziale salariale positivo pari al 7,8% (fonte Unioncamere)

Secondo l'Unioncamere le differenze salariali (nel 2007 su 1.134 profili professionali la retribuzione media maschile era 28 mila euro, femminile 24.100 euro) sono riconducibili alla segregazione orizzontale e verticale delle donne, che finiscono per essere mediamente meno retribuite. Se ne deduce che "se l'occupazione femminile si distribuisse allo stesso identico modo di quella maschile, il differenziale retributivo di ridurrebbe dal 16 al 3,5%".

Contro l'ineluttabilità dell'essere in rosso, ecco tre domande per chi amministra la cosa pubblica, ma anche ai titolari di aziende e imprese, ai presidenti degli ordini professionali, delle associazioni datoriali e dei lavoratori ecc.

  1. Nel suo contesto quanto è stimata la differenza di retribuzione tra donne e uomini, a parità di anzianità e ruolo?
  2. Sono le donne a lavorare (e quindi a guadagnare) meno o sono impossibilitate a dare e ricevere di più?
  3. Cosa si può fare, da subito, perché le donne siano meno in rosso?

Con l'avvertenza che il problema non riguarda soltanto le donne ma il sistema paese nel suo complesso perché meno soldi alle donne significa spreco di risorse, tutti gli investimenti in formazione ad esempio, e meno introiti per lo Stato e gli enti locali.

 


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