I requisiti di idoneità che devono essere posseduti dall'acqua destinata al consumo umano, compreso l'utilizzo come acqua potabile e per altri impieghi domestici, sono stabiliti dal decreto legge 31/2001 e successive modifiche, come recepimento della direttiva europea 98/83 in base alla quale l'acqua destinata al consumo umano deve rispettare una serie di parametri chimici indicati nell'allegato dello stesso decreto.
Questi parametri, o valori guida, rappresentano requisiti minimi di sicurezza riguardanti un numero abbastanza limitato di sostanze chimiche di interesse prioritario per le loro caratteristiche tossicologiche o per diffusione ambientale.
In aggiunta alle sostanze regolamentate espressamente dal decreto, vari composti chimici, di origine geologica o prodotti artificialmente dall’uomo, rilasciati nelle risorse idriche di origine, o migrati nelle acque da materiale in contatto con essi, se non efficacemente rimossi nella filiera di potabilizzazione, potrebbero ritrovarsi nelle acque destinate al consumo fino a dei fattori di rischio per la salute umana.
La protezione della qualità delle acque destinate al consumo umano deve, quindi, essere perseguita anche nel caso di composti chimici che, anche se non espressamente considerati nel suddetto decreto legge, possono tuttavia rappresentare potenziali fattori di rischio, in ottemperanza al principio generale secondo il quale le acque destinate al consumo umano "non contengono microrganismi parassiti, né altre sostanze, in quantità o concentrazione tale da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana" (articolo 3 Dlgs 31/2001).
In base alla normativa vigente, la ricerca e il controllo di sostanze non normate, tra cui i composti perfluoroalchilici, nelle acque da destinare e destinate al consumo umano sono responsabilità dell'azienda unità sanitaria locale competente per territorio, che è tenuta ad assicurare una ricerca supplementare, caso per caso, delle sostanze dei microrganismi per i quali non sono stati fissati i valori di parametro a norma dell'allegato I, qualora vi sia motivo di sospettare la presenza in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana.
In conclusione le ULSS devono controllare la presenza di sostanze estranee nelle acque potabili e comunque destinate al consumo umano, anche per quelle sostanze che non sono previste nella legge.
In altre parole, io deduco che le ULSS debbano valutare caso per caso, per esempio in base alla tipologia di aziende o attività industriali, o anche in base alla particolare composizione geologica del terreno, se per qualsiasi motivo (involontario o volontario) nell’acqua potabile vadano a finire sostanze di origine “antropica” (derivanti cioè dall’attività umana) o naturale che siano potenzialmente dannose per la salute.
Nel caso delle sostanze perfluoroalchiliche le autorità sanitarie sapevano che i PFAS erano ( e lo sono tuttora) prodotti da una nota azienda vicentina da decenni. Durante tutto questo tempo sono stati effettuati i controlli previsti per legge? Se sì dove sono i risultati di questi controlli?
E quanti casi simili si stanno ancora verificando nel nostro territorio?
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