107 persone decedute per tumore, molte altre ammalate, un territorio devastato ed inquinato, questo quanto lasciato a Praia a Mare ed alla sua popolazione dalla Marlane Marzotto di Valdagno (Vi) chiusa nel 2004.
Ci sono voluti oltre 10 anni di lotte dei lavoratori e del sindacato Slai-cobas, unico sindacato che li difende e che si è anche costituito parte civile, per arrivare, dopo 4 mesi e 6 udienze preliminari, al rinvio a giudizio per omicidio plurimo per inosservanza delle regole antinfortunistiche e disastro esterno (ambientale) ed interno per la mancata tutela dei lavoratori.
Venerdì 12 novembre nel tribunale di Paola, p.m. Antonella Lauri e Gup Salvatore Carpino, sono stati rinviati a giudizio Pietro Marzotto (cav. del lavoro già conte di Valdagno e presidente dell’Associazione Industriali di Vicenza), Silvano Storer (ex a.d. del gruppo), Jean de Jaegher (consigliere dell’ Associazione Europea delle Industrie Tessili e presidente della Marzotto USA dal ’95 al ’98), Lorenzo Bosetti (ex-sindaco di Valdagno e consigliere delegato e vicepresidente della Lanerossi), Vincenzo Benincasa, Salvatore Cristallino, Ivo Comegna, Carlo Lomonaco (ex-responsabile tintoria e sindaco di Praia), Giuseppe Ferrari, Lamberto Priori, Ernesto Emilio Fugazzola, Antonio Favrin (vicepresidente vicario della Confindustria Veneta) e Attilio Rausse, difesi da un collegio bipartisan comprendente Niccolò Ghedini (PDL), Guido Calvi (PD) e Giuliano Pisapia (Sel e prossimo candidato sindaco a Milano per la sinistra).
L’azienda fu fondata negli anni ’50 dal conte Rivetti e produceva tessuti, per lo più divise militari. I reparti erano divisi tra loro da mura.
Poi nel 1969 passò nelle mani dell’ Eni – Lanerossi e, successivamente, nel 1987, al gruppo Marzotto per 173 miliardi di lire. Per i 200 lavoratori espulsi, la finanziaria dell’Eni mise a disposizione, per ognuno di loro, 44 milioni per una riallocazione occupazionale mai avvenuta.
La fabbrica, appena gestita dalla Lanerossi, tolse le mura divisorie e così divenne tutto un ambiente unico in cui convergevano tessitura e orditura, filatura e tintoria e così i fumi provenienti dalle sostanze chimiche della coloritura si espandevano ovunque.
Non c’erano aspiratori funzionanti e gli operai gettavano i coloranti in vasche aperte senza alcuna protezione. Nella fabbrica c’era anche l’amianto presente nelle pastiglie dei freni dei telai, che, consumandosi, emettevano polveri respirate da tutti.
A fine giornata veniva “donata” una busta di latte ad ogni lavoratore, unico rimedio ai veleni respirati durante tutto il turno di lavoro. Nel 1996 la tintoria veniva chiusa.
I danni sembrano anche estesi all’ambiente circostante. Dietro la Marlane Marzotto ci sono scavi in cui sono stati rinvenuti rifiuti tossici.
Le parole di Mara Malavenda, dirigente nazionale dello Slai-cobas che, insieme allo studio dell’avvocato Senatore di Napoli e all’avv. Natalia Branda di Diamante, hanno lottato insieme ai lavoratori, sono la sintesi migliore di quanto sia stato difficile ottenere questo primo risultato:
“Nel trentennale silenzio, ancora incombente, delle istituzioni preposte al controllo della salute in fabbrica e del territorio, (sindacati confederali e partiti di centrodestra, centrosinistra, e media collegati), oggi la Marlane Marzotto è sotto processo… le gravi colpe aziendali e le inquietanti relazioni di complicità di chi, preposto alla tutela dei lavoratori, ha invece ‘tutelato’ l’illecito comportamento aziendale e consentito la strage e l'irreparabile disastro ambientale, mentre è ancora in atto lo stillicidio dei morti e dei malati di cancro ad anni dalla chiusura degli impianti.
Bisogna impedire il tentativo strisciante di ammorbidire il processo a favore della Marzotto ed a discapito dei lavoratori. È inquietante che invece di costituirsi come d’obbligo parte civile il Ministero dell’Ambiente, la Regione Calabria, la Provincia di Cosenza, e lo stesso Comune di Praia a Mare (col sindaco indagato), continuino a sottrarsi alla difesa dei lavoratori, dei cittadini e dell’ambiente!
Ma come aspettare qualcosa di diverso quando tra gli avvocati di parte aziendale che hanno puntato alla prescrizione dei reati troviamo Giuliano Pisapia, di Rifondazione comunista e candidato sindaco a Milano nelle prossime amministrative?!
Forse perché a lor vedere la nomenclatura dei nomi ‘eccellenti’ tra i 14 indagati a vario titolo è più importante delle centinaia di lavoratori morti ammazzati o ammalati di cancro?! Ma come lavoratori sappiamo di avere le spalle larghe e di dover contare solo ed innanzitutto sulle nostre forze: come lavoratori e Slai-cobas abbiamo trascinato la Marzotto in Tribunale e sappiamo che, per avere ‘giustizia’, dobbiamo continuare così ”.
16/11/2010
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