Sono trascorsi oltre 15 anni da quando Bob Billott, un
avvocato di Cincinnati, iniziò a indagare sul caso delle morti misteriose di
numerosi capi di bestiame avvenute nell’area attorno all’impianto chimico della Du Pont
di Parkesbourg, Virginia. Nel 1998,
l’avvocato Billot, era stato ingaggiato da una famiglia di agricoltori
che l’anno precedente avevano venduto una parte dei loro terreni adiacenti alla
multinazionale, la quale voleva utilizzarli per costruirci una discarica per rifiuti
non pericolosi prodotti nella fabbrica stessa. Dopo qualche mese, mentre il
bestiame continuava a morire, l’avvocato scoprì che la DuPont aveva
contaminato le falde acquifere del fiume Ohio con una sostanza cancerogena
utilizzata per la produzione del Teflon da oltre 50 anni. Nonostante avessero prove inconfutabili sulla pericolosità del
PFOA, i dirigenti della DuPont continuarono a sversare il PFOA nell’acqua, nei
suoli e nell’atmosfera della Valle del
fiume Ohio.
A distanza di oltre 60 anni dall’inizio della produzione,
sono cominciate le cause intentate da circa 3500 abitanti (su circa 69000
potenzialmente esposti) che ritengono di aver subito danni alla propria
salute in seguito all’esposizione al
PFOA.
Nel 2001 l’avvocato Billott inviò l’imponente documentazione che aveva raccolto all’EPA (in
pratica l’equivalente americano del
nostro ministero per l’ambiente)
che nel 2005 multò la DuPOnt per 16,5 milioni di dollari per i danni causati
dal PFOA. Nel 2006, oltre 50.000 residenti intentarono una class action contro
la Dupont che patteggiò per 235 milioni
di dollari (con la possibilità di aumentare la multa fino a 330 milioni) e si
impegnò a filtrare l’acqua potabile fornita dall’acquedotto di sei piccole
cittadine e villaggi.
Le cause iniziate a settembre 2015 sono intentate dai
singoli soggetti che hanno contratto una delle sei malattie riconosciute più
frequenti nei soggetti che avevano
bevuto l’acqua contaminata: cancro del rene, cancro dei testicoli, malattie
della tiroide, ipercolesterolemia
(aumento del colesterolo nel sangue), colite ulcerosa, ipertensione della
gravidanza.
Il tribunale ha ammesso al giudizio solo gli abitanti che
avevano bevuto acqua contenente più di 500 ng/L di PFOA (o 0,5 parti per
miliardo) e hanno contratto una delle suddette
malattie, escludendo tutti gli altri che avevano bevuto acqua con
concentrazioni inferiori di PFOA e/o avevano malattie diverse da quelle appena
ricordate.
Nonostante gli studi compiuti in tutto il mondo abbiano
confermato la pericolosità del PFOA, anche a livelli notevolmente inferiori a quelli
decisi dal tribunale americano, l’EPA non ha ancora stabilito dei limiti di legge, anzi,
recentemente, dirigenti dell’agenzia hanno dichiarato che bisognerà attendere
almeno fino al 2021 prima che decidano se proporre degli standard validi a fini
legali.
Nonostante le autorità americane siano state incapaci di
difendere al salute dei propri cittadini, il giorno della resa dei conti con la
DuPOnt si sta avvicinando per migliaia di inermi cittadini dell’Ohio e della
Virginia nel tribunale federale di Columbs, Ohio.
Traduzione dell’ articolo “Day
of reckoning for Dupont Over Teflon Chemical” pubblicato da Bill Walker il 15 settembre 2015
, sul bloc Common Dreams.
Commento
È forse per seguire l’esempio del tribunale americano che in
Italia si è scelto un valore di 500 ng/L per il PFOA nell’acqua potabile?
È sempre per copiare gli americani che dovremo aspettare
anche noi almeno fino al 2021 prima di avere degli standard di legge?
Capite cosa significa avere dei limiti più o meno bassi? Per
esempio, anche un tribunale italiano potrebbe un giorno escludere tutti coloro
che si siano ammalati di una o più malattie da PFAS e che abbiano bevuto acqua
contenente meno di 500 ng/L di PFOA. Probabilmente la maggioranza dei cittadini
veneti contaminati.
Anche per questo motivo diventa ancora più urgente
partecipare all’indagine epidemiologica
organizzata da ISDE Vicenza. Potrebbe essere il primo passo per intentare
anche una class action in Italia, anche se la cosa è molto più difficile che in
America. Più difficile, ma non impossibile.
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